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DEATH IS NOT DEFEAT

  • Music-Fi
  • 24 ago 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 29 set 2020

“L’amore costruisce ponti sull’abisso.”(Platone)

Riuscire ad andare avanti insieme e uniti nei momenti più bui della vita. Questo è ciò che gli Architects ci insegnano a fare attraverso gli ultimi due album “All Our Gods Have Abandoned Us (2016) e “Holy Hell” (2018). L’idea dietro ai due lavori della band è quella di narrare la malattia e la morte del fondatore, chitarrista e tastierista Tom Searle avvenuta nel 2016 dopo una lotta di tre anni contro un cancro.
 
Nel primo album è Tom stesso a parlare attraverso i testi scritti da lui e descrive il suo calvario contro la malattia. Le sonorità sono molto forti e rispecchiano la rabbia e lo sconforto provati da Tom, che ormai ha perso ogni speranza, come espresso nella canzone “Gone with the Wind”: 
 
"My friend, hope is a prison."
 
L’album successivo, prodotto dopo la morte di Tom, ha invece il compito di dimostrare come dopo ogni caduta ci sia la possibilità di alzarsi, senza dimenticarsi di quanto accaduto. Infatti l’album si apre con il brano “Death is not Defeat” che è una continuazione di “Memento Mori”, ultima traccia dell’album precedente. La prima canzone invece scritta dopo la perdita di Tom è “Doomsday” dove la band parla di come il lutto subito sia sì un giorno del giudizio ma allo stesso tempo riconoscono la possibilità di un nuovo inizio.
 
Maybe now I'm lost, I can live
Souls don't break, they bend
But I sometimes forget
I have to do this for you.” (Doomsday)
 
Quest’ultima canzone è anche la colonna sonora di “Holy Ghost”, un cortometraggio prodotto dalla band e disponibile su Youtube, dove si alternano pezzi del live sold-out all’Alexandra Palace del 2018 e il making-off dell’album “Holy Hell” e dove il fil rouge è il ricordo di Tom.

Mitch

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